mercoledì 27 luglio 2016

MARGORABBIA ED ENERGIE RINNOVABILI



La triste storia che si sta intessendo sul nostro torrente Margorabbia ci fa capire che parlare di “energie rinnovabili” non é di per sé garanzia di vero sviluppo.
Non è sufficiente, infatti, preparare un progetto rispettando i percorsi burocratici previsti dalla normativa.
Occorre valutarne la coerenza con il rispetto dell’ambiente, con le possibili conseguenze, con l’efficacia complessiva dell’azione.
Si tratta innanzitutto  di “ecologia mentale”. 
Tra noi e il territorio in cui viviamo c’è un rapporto intimo di reciprocità.
 Occorre qui fare un breve riassunto di questa storia. 
Una società privata ha chiesto la concessione per l’utilizzo a scopo idroelettrico dell’acqua del fiume Margorabbia. 
Il progetto prevede la costruzione di due mini centrali idroelettriche, una a 300 metri dall’altra, su proprietà di terzi e quindi con conseguente procedura di esproprio da parte degli enti pubblici competenti, essendo l’opera di interesse pubblico perché finalizzata alla produzione di energia pulita.
Le due centrali prevedono la creazione di uno sbarramento sull’alveo del fiume, tale da innalzare il livello dell’acqua di circa 2 metri e convogliarla in un canale laterale ove è installata una turbina Kaplan. 
Questa soluzione tecnica è fortemente invasiva dal punto di vista ambientale, paesaggistico ed idraulico, in una zona che ha visto nel recente passato parecchie esondazioni con danni gravissimi per la popolazione della frazione di Cucco-Riviera (autunno 2014 parte della popolazione è stata sfollata a causa di una piena improvvisa del fiume). 
La società titolare delle due mini-centrali ha avuto tutte le necessarie autorizzazione dagli enti competenti (Provincia e Regione) senza che minimamente la popolazione sia stata informata o chiamata ad esprimere un parere su quest’opera che sicuramente avrà effetti sulla loro esistenza.
E’ evidente che questo non è un esempio di democrazia energetica; anzi risulta evidente come anche le leggi e la burocrazia, che dietro di esse si cela, tenga veramente in poco conto che l’energia è un bene comune al servizio dei cittadini che devono e vogliono essere presenti nelle scelte e nel controllo del loro territorio affinché casi come quello di Riviera non si verifichino più e si sviluppi una partecipazione più attiva nelle scelte energetiche.
 
 

 Qualche esperienza positiva nell’alto varesotto da prendere come  esempio c’è.
-          Nel 2013 TERREdiLAGO (www.terredilago.it) ha iniziato a sensibilizzare i consumatori sulla possibilità di cambiare il proprio fornitore di energia elettrica, passando ad un fornitore che garantisce energia pulita al 100% grazie alla convenzione Co-Energia (www.co-energia.org), un’associazione che riunisce Distretti di Economia Solidale e Gruppi di Acquisto Solidale (GAS).
-          Successivamente si è lanciato il progetto “Adotta una centrale”, volto alla riattivazione della micro-centrale idroelettrica di Rancio-Valcuvia, interessante pezzo di storia del nostro territorio.
Nel 1924 una donna, Giuseppina Velati, titolare dell’opificio Velati in Rancio Valcuvia, pensò di produrre energia elettrica per i suoi macchinari utilizzando l’acqua del fiume Rancina che attraversa il paese; costruì quindi una centrale idroelettrica che fu poi dismessa negli anni ’40 dopo un’accesa diatriba con il podestà del Brinzio sul diritto di utilizzo dell’acqua.  
Oggi questa micro-centrale, prima in stato di abbandono, sta per essere riattivata grazie ad uno strumento dell’economia solidale: l’azionariato popolare, ovvero gruppi di cittadini che si riuniscono in una cooperativa (Cooperativa Retenergie – www.retenergie.it) e, dando ciascuno un piccolo contributo, finanziano la ricostruzione e la gestione della micro-centrale.

Dal punto di vista dell’impatto ambientale occorre evidenziare che si tratta di un ripristino di un’opera esistente senza creare effetti negativi sull’ambiente, mantenendo un deflusso adeguato di acqua nell’alveo naturale.
Il progetto ha anzi un impatto positivo perché in collaborazione con la Biblioteca Comunale di Rancio, verrà attivato un percorso didattico sull’energia,  che consentirà ai ragazzi delle scuole di “camminare” lungo il tragitto che fa l’acqua dall’opera di presa fino alla turbina.
Potranno così comprendere come si trasforma l’energia, perché  l’energia più pulita è quella che non consumiamo migliorando l’efficienza energetica degli impianti e modificando i nostri stili di consumo. Unire le comunità per riattivare una micro-centrale idroelettrica per produrre energia in modo pulito è un esempio concreto di partecipazione popolare .
Se si vuole, si può cambiare un sistema che tende a  sottrarre i beni comuni, come l’energia e l’acqua, al controllo delle popolazioni. 

Oggi non possiamo più commettere errori.

Il ventunesimo secolo ci introduce a nuovi problemi che richiedono complesse ed urgenti risposte.  
Presto la popolazione mondiale raggiungerà il suo massimo: avremo difficoltà di reperimento di alcune risorse come cibo e acqua.
Petrolio ed altri minerali diventeranno sempre meno disponibili.
Per la prima volta l’uomo dovrà fare i conti con la necessità di contenere al massimo la produzione di gas ad effetto serra,  conseguenza dello sconsiderato impiego delle fonti fossili.
Pena la fine dell’umanità.
Si è ormai capito che siamo nel bel mezzo di una crisi energetica, molto probabilmente la più importante nella storia dell’umanità. Questa crisi sta innescando un periodo di transizione caratterizzato da instabilità ed oscillazioni tra possibili vie di uscita.

Nei periodi di transizione, coloro che fanno parte del sistema energetico (movimenti sociali, forze politiche organizzate, gruppi di interesse economico, governi ed istituzioni, cittadini e comunità locali) esercitano un ruolo importante: in base alle pressioni che riescono ad esercitare, il sistema prende un orientamento che nel tempo si fa dominante e così ci si ritrova collocati in un nuovo sistema energetico.

Un storico  della Columbia University, Timothy Mitchel, nel suo libro “Carbon Democracy”, ha delineato una relazione molto stretta tra l’avvento del carbone e l’importanza della classe operaia come soggetto politico organizzato all’interno delle democrazie occidentali.
Il ciclo del carbone permetteva alla classe operaia di poter rivendicare i propri diritti attraverso lo strumento dello sciopero in una serie di nodi centrali del suo ciclo produttivo, dalla sua estrazione fino all’utilizzo nelle centrali.
Pensiamo a quanta risonanza ha avuto ancora negli anni 1984-1985 lo scontro tra i minatori del carbone e la Tatcher che voleva chiudere, ed effettivamente li chiuse, tutti i siti minerari in Inghilterra, non solo per ragioni economiche ma anche per sottrarre ai lavoratori un terreno di lotta con cui rivendicare i loro diritti.
Non a caso la chiusura delle miniere prevedeva una transizione energetica verso il petrolio ed il nucleare, fonti energetiche che richiedono un sistema di potere molto concentrato.
E così siamo arrivati all’attuale modello energetico da cui parte la transizione energetica che stiamo vivendo ora.
La domanda che ci poniamo è: sarà veramente una transizione verso un modello energetico democratico basato sulle energie rinnovabili e sulla decentralizzazione della produzione?

Qualche dubbio viene.
Nella Conferenza Mondiale sui Cambiamenti Climatici (COP21), tenutasi a Parigi nel dicembre 2015, i capi di stato e di governo hanno siglato uno “storico” accordo internazionale sul clima che prevede un impegno a fermare il riscaldamento globale “ben al di sotto dei 2 °C” dai livelli preindustriali, con la volontà di contenerlo entro 1,5 °C; per fare questo occorre ridurre drasticamente le emissioni di gas ad effetto serra ed attuare drastiche politiche di “decarbonizzazione” passando ad un sistema energetico basato sulle energie rinnovabili. Ciò significherà investimenti massicci nel settore delle rinnovabili e le grandi lobbie economiche non si lasceranno certo sfuggire l’affare.


Occorre   che la transizione energetica in atto porti ad una vera e reale democrazia energetica incentrata sulla partecipazione dei cittadini alla produzione ed al risparmio dell’energia necessaria al proprio sostentamento, superando la posizione di meri consumatori. Del resto le energie rinnovabili si prestano molto bene al concetto di democrazia energetica in quanto consentono una generazione energetica diffusa, un coinvolgimento delle piccole e medie imprese locali o regionali, un potere di scelta tra sistemi diversi di produzione ed accumulo ed una attenzione particolare del cittadino all’efficienza energetica. Si tratta di favorire la diffusione di questi concetti e di promuovere a livello politico scelte energetiche che puntino sulla decentralizzazione e sulla democratizzazione del sistema energetico.

In molte parti d’Italia stanno nascendo comunità locali che decidono di partecipare attivamente alle scelte energetiche degli enti locali per sperimentare nuovi modelli di gestione collettiva del bene comune energia. Si parte dal Piano Energetico Comunale fino alla creazione di cooperative che consentono a gruppi organizzati di cittadini di produrre e distribuire energia pulita raggiungendo persino l’indipendenza energetica della loro comunità locale.  

E’ compito delle Amministrazioni Locali, delle Istituzioni quali la scuola, della stampa e dei mezzi di comunicazione, delle associazioni, fare in modo che i cittadini partecipino alla gestione del territorio e diventino consapevoli delle azioni che vengono messe in atto.
Noi siamo presenti e opereremo per garantire il coinvolgimento perché la gente sappia, perché  ogni cittadino  venga fatto partecipe.
La tutela del territorio richiede un’attenzione particolare da parte di tutti, per evitare conseguenze spiacevoli.
Abbiamo visto più volte le conseguenze disastrose di una politica troppo superficiale, pressapochistica, se non troppo attenta ai profitti di pochi, incapace di operare tenendo in giusta considerazione i ritmi e le forze della natura.

ARTICOLO SCRITTO DA TERRE DI LAGO E AISU