DUMENZA
LA MADONNA DI
TREZZO:
UN SANTUARIO
ANTICO, META DI UNA SECOLARE DEVOZIONE
Dalla frazione Trezzino,
attraverso una scalinata, contrassegnata da tredici cappelle della via crucis,
si giunge a mezza costa sul sentiero che porta al valico di Cavagnino, ora
impresenziato, ma nel secolo scorso nodo focale per il controllo degli spalloni
che nottetempo cercavano di eludere la sorveglianza delle guardie di confine. Ed
eccolo lì, ai margini del bosco, il
santuario di Trezzo, col campanile che gli svetta accanto, da più di
cinquecento anni solitaria vedetta sulla dorsale del monte.
Da lunga data, in occasione del
ferragosto, la chiesa è meta di escursioni estive, legate ad una devozione
mariana che si radica in un passato lontano. Secondo la tradizione orale,
infatti, durante la pestilenza del 1348, una giovane sordomuta che pascolava le
capre in quel luogo, avrebbe avuto una visione nella quale la Madonna la
esortava a scendere al villaggio per raccomandare a tutti preghiera e
penitenza, ritenuti allora unici antidoti al terribile morbo. Dalla leggenda
alla realtà storica trascorsero quasi duecento anni. I documenti attestano che
il santuario fu consacrato il 29 aprile 1526 da Mons. Francesco Landino,
vescovo di Laodicea, ma suffraganeo del metropolita di Milano, Ippolito II
d’Este. Nelle sue peregrinazioni nelle località più sperdute della diocesi, S.
Carlo non mancò di visitare la chiesa nel 1574 e, quattro anni dopo, il suo
delegato, Mons. Bernardino Taruggi, a seguito di un’accurata ricognizione, ne
ordinò la trasformazione in stile barocco.
Accanto alla chiesa sorgeva un
tempo un cenobio di monach benedettine, che vivevano di questua e del lavoro
dei campi, ma nel 1567, il vescovo Gerolamo Politi, delegato di S. Carlo, fu
costretto a sopprimerlo. Infatti, era nata una controversia tra le due professe
che guidavano le altre quattro converse, donna Laura e la badessa, Anna de
Daverio. Quest’ultima, a seguito delle angherie subite, era fuggita e si era
rifugiata sotto la protezione della contessa Rusca di Luino.Per questo l’antico affresco che troneggia
sull’altare rappresenta la Vergine delle grazie che accoglie sotto il suo
manto, sostenuto da due angeli, a destra le monache e a sinistra il cappellano
con alcuni fedeli. Sotto l’altare inoltre si trova un’urna con il Cristo morto,
statua policroma secentesca in legno di fico.
Anche dalla vicina Svizzera ogni
anno si ripete, in occasione della festa del 15 agosto, un pellegrinaggio a
ricordo di un miracolo di cui fu beneficiario nel 1798 un certo Francesco
Zanetti di Astano, malato di tubercolosi e guarito improvvisamente dopo aver
assistito alla Messa nel santuario.
Altare laterale
Un luogo dello spirito dove, tra ombrosi
castagni, una fresca fonte, davanti all’ingresso principale, sembra invitarti
ad una purificazione sacrale, prima di immergerti nella suggestiva atmosfera di
un tempio, testimonianza di una fede semplice e genuina perpetuatasi nei secoli
fino ad oggi.
Emilio Rossi